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La sentenza della Corte di giustizia C-88/03 e il dibattito sul federalismo fiscale e sulla fiscalità di vantaggio in Italia

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L’ambito di riferimento entro il quale si valuta la selettività di una misura non deve essere necessariamente definito entro i limiti del territorio dello Stato membro interessato.

Nel dibattito sul federalismo fiscale vanno considerati gli effetti che può produrre la recente sentenza della Corte di Giustizia C-88/03, del 6 settembre 2006, in materia di fiscalità territoriale agevolata nelle Azzorre.

La Corte di Giustizia nella sentenza dapprima sconfessa (par. 56-58) il consolidato orientamento teorico della cd. selettività territoriale adottato sinora dalla Commissione Europea, secondo il quale ogni misura non applicabile su tutto il territorio nazionale sarebbe selettiva territorialmente, a prescindere dall’autonomia amministrativa-finanziaria dell’ente che la adotta.

Tuttavia, dopo tale importante e positiva affermazione di principio la Corte effettua una serie di distinzioni (par. 64 ss.) che sarebbe opportuno tenere in debita considerazione per le conseguenze che potrebbero potenzialmente aversi sull’eventuale assetto federalistico che si sta costruendo per lo stato Italiano.

In particolare la Corte distingue tra:

  1. misure di vantaggio relative a tributi erariali, stabilite dal governo centrale ed applicabili solo con riferimento a determinate aree geografiche;

  2. misure di vantaggio relative a tributi erariali stabilite dalle collettività territoriali nell’esercizio di facoltà ad esse simmetricamente attribuite;

  3. misure che stabiliscono un trattamento di favore con riguardo ad un tributo nazionale, adottate da alcune collettività territoriali (ed applicabili unicamente alle imprese situate all’interno del territorio di loro competenza) che dispongono di una potestà preclusa alla generalità delle collettività territoriali di pari livello.
    Con riferimento alla prima ipotesi la Corte ritiene ci si trovi sempre dinanzi ad un aiuto di Stato.



Con riferimento alla seconda ipotesi (di cui è esemplificativa la potestà di variazione dell’1% dell’aliquota IRAP attribuita “simmetricamente” a tutte le regioni), la Corte ritiene che la simmetrica attribuzione alle collettività territoriali del potere di variare l’aliquota faccia si che non ci sia la possibilità di individuare un livello imponibile normale di riferimento che possa fare da parametro sulla base del quale ipotizzare l’esistenza di una deroga al trattamento generale e pertanto la misura non costituisce aiuto di Stato.

Con riferimento alla terza ipotesi (cui sono riconducibili, temo, alcune manifestazioni della potestà tributaria delle regioni a statuto speciale), la Corte di giustizia ritiene che, non essendoci la “simmetria”, affinché “il contesto giuridico rilevante per valutare la selettività di una misura fiscale (possa) limitarsi all’area geografica interessata dal provvedimento” debbano sussistere una serie di condizioni:

  • a) che sia stata adottata da un’autorità territoriale dotata, sul piano costituzionale, di uno statuto politico e amministrativo distinto da quello del governo centrale;

  • b) che la decisione sia stata presa senza possibilità di un intervento diretto da parte del governo centrale in merito al suo contenuto;

  • c)che le conseguenze economiche di una riduzione dell’aliquota d’imposta nazionale applicabile alle imprese presenti nella regione non devono essere compensate da sovvenzioni o contributi provenienti da altre regioni o dal governo centrale.



Come accennavo, tale pronuncia pone delicate questioni riguardo le modalità di attuazione del federalismo fiscale in Italia con particolare riferimento alla autonomia impositiva delle regioni a Statuto speciale. Proviamo pertanto a vedere che cosa, del modello asimmetrico di federalismo italiano, potrebbe sopravvivere ad una interpretazione della Corte del tenore di quella citata.

Premesso che la Corte fa sempre riferimento alle potestà asimmetricamente attribuite di variazione d’aliquota di tributi “nazionali” potrebbe desumersi una implicita qualificazione dei tributi “compiutamente” regionali (istituiti e riscossi dalle regioni a statuto speciale) tra le misure generali (non aiuti).

Con riferimento, invece, ai poteri speciali di variazione delle aliquote di tributi nazionali spettanti solo alle (o solo ad alcune delle) regioni a statuto speciale, la maggiore preoccupazione deriva dal fatto che la Corte abbia, nella causa citata, negato rilevanza al principio costituzionale della solidarietà nazionale presente nella costituzione Portoghese ed anzi, lo abbia utilizzato quale prova implicita che la riduzione di gettito conseguente alla riduzione d’aliquota posta in essere dalle Azzorre fosse finanziata da un trasferimento a carico del bilancio statale (par. 72 ss.) e quindi ha dichiarato la misura regionalmente selettiva.

A fronte di un tale approccio, l’unica soluzione pare quella di separare normativamente i tributi il cui gettito è/può essere destinato alla funzione di riequilibrio territoriale e imputabile alla solidarietà finanziaria tra regioni (per i quali nessuna potestà di variazione “speciale” potrà essere attribuita alle regioni a statuto speciale), dai veri e propri tributi “di scopo”, con riferimento ai quali l’esistenza di una potesta tributaria “asimmetrica” in capo alle regioni a statuto speciale, a fronte di una maggiore autonomia nella gestione della funzione attribuita, potrebbe sfuggire la citata definizione di selettività.

In tale ipotesi la potestà fiscale delle regioni potrebbe manifestarsi anche attraverso istituti sottrattivi (riduzioni d’aliquota o esclusione di cespiti dalla base imponibile) senza essere, per ciò solo, inserita nell’ambito di applicazione degli aiuti di Stato: sarebbe infatti la regione a sopportare le conseguenze della scelta di riduzione del carico impositivo, che sconterebbe con una minore disponibilità finanziaria da destinare allo svolgimento della funzione finanziata dal tributo di scopo.

Infatti, l’esercizio in funzione promozionale di una potestà fiscale “aggiuntiva” o “asimmetrica” delle regioni a statuto speciale - in relazione a tributi nazionali - potrebbe essere compatibile con la definizione di misura generale data dalla Corte di giustizia soltanto in quanto il legame tra gettito (derivante dal tributo nazionale su cui la regione avesse facoltà di variazione d’aliquota) e funzione amministrativa regionale (al cui svolgimento tale gettito fosse destinato) fosse reso inscindibile e non alterabile da trasferimenti dello Stato.
Ovviamente, l’assenza di selettività territoriale non esclude che una misura generale possa presentare profili di selettività materiale.

Qualora la configurazione della potestà tributaria delle regioni a statuto speciale non tenesse conto dei rilievi esposti, qualsiasi manifestazione della cd. fiscalità di vantaggio dalle stesse adottata, anche se in via “generale” (rispetto al territorio della regione) sarebbe considerata selettiva e come tale obbligata al rispetto dei pesanti vincoli procedurali (obbligo di notifica, divieto di attuazione prima dell’intervenuta approvazione da parte della Commissione Europea, obbligo di recupero se attuati illegalmente) e sostanziali (limiti quantitativi, temporali, settoriali della misura) previsti in materia di aiuto di Stato, con l’effetto di un sostanziale ridimensionamento della potestà stessa.

(Il presente articolo è stato pubblicato su www.astrid.eu e con il titolo "L’Europa ipoteca il federalismo fiscale" ed in Il Sole 24 Ore, del 28 settembre 2006, p. 25)


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Il testo integrale della sentenza è disponibile su EurLex

[06 ottobre 2006]

di Prof. Avv. Augusto Fantozzi

Argomenti (TAGS): selettività regionale - produzioni e settori - selettività materiale -

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